Centuriazione e territorio
[Fondazione]
Centuriazione Ivrea

La centuriazione consisteva nella parcellazione dei territori di pianura, nelle regioni in cui la proprietà era destinata ad essere suddivisa ed assegnata ai coloni.

Il primo atto dell'opera di centuriazione era l'accurata misurazione del territorio da assegnare, poi quest'ultimo veniva diviso, attraverso un reticolato di linee tra di loro perpendicolari. Queste linee, in teoria, avrebbero dovuto seguire l'orientamento astronomico, da Nord a Sud e da Ovest ed Est, anche se come vedremo già nel caso eporediese, questa regola non viene sempre seguita alla perfezione. In alcuni casi si tratta di veri e propri errori nel rilevamento dei punti cardinali, in altri si preferiva orientare la centuriazione secondo la direzione di strade preesistenti. In altri casi si dovette adottare un orientamento che rispondesse alle caratteristiche morfologiche del terreno, allo scopo di razionalizzare la direzione naturale delle acque di scolo e irrigazione; in altri ancora si volle distinguere centuriazioni adiacenti con orientamenti differenti.

Il reticolato delle linee rette tracciate sul terreno formava appezzamenti quadrangolari, generalmente di forma quadrata, di 2400 piedi per lato, detti centuriae. Ogni maglia quadrata, il cui lato misurava quindi circa 410 m, comprendeva 200 iugeri, corrispondenti a cento heredia (circa 50 ettari).
Le rette avevano nomi differenti a seconda del loro orientamento: erano dette cardines quelle correnti da Nord a Sud, decumani quelle da Ovest ad Est. C'erano poi un cardo maximus e un decumanus maximus, che corrispondevano alle principali linee tracciate e che, teoricamente, avrebbero dovuto incontrarsi al centro della centuriazione, l'umbilicus. Cardini e decumani costituivano poi anche i limites, ovvero le linee di confine degli appezzamenti e calles, ovvero strade minori di accesso ai campi.

All'interno di ogni ager esistevano leggi che stabilivano l'ampiezza delle strade: era compresa tra 40 piedi (ca. 12 m) per le linee maestre e 8 piedi (ca. 2,40 m) per i calles minori. Ogni gruppo di 25 centurie era detto saltus, e normalmente, agli incroci fra i limites sorgevano cippi, probabilmente recanti il numero d'ordine progressivo dei cardini e dei decumani. Questo tipo di suddivisione del terreno era utile per razionalizzare le colture, per regolare le acque, per questioni catastali, per controversie dei confini, per scopi censuari.
I tecnici che svolgevano questo importante compito di suddivisione del terreno, erano gli agrimensori, ossia mensores o gromatici. Il più importante strumento di lavoro dell'agrimensore era la groma, che si trova raffigurata sulla stele funeraria del mensor L. Aebutius Faustus, conservata al Museo civico eporediese.

Lo strumento era composto da tre parti principali: un'asta verticale di supporto, un braccio a mensola di sostegno ed una croce sistemata orizzontalmente sul braccio; misurava circa 200 cm. in altezza. La croce, ossia la groma vera e propria, era composta di quattro bracci di uguale lunghezza e tra loro perpendicolari, costruiti in legno e rivestiti in ferro. Ognuna delle due sbarre che formava la croce era lunga 62 cm. Il braccio di sostegno collegava la croce all'asta verticale ed era montato a sbalzo. L'asta di sostegno, il ferramentum, era costruita in legno, bronzo e ferro, ed era dotata di puntale scanalato per poter essere piantata nel terreno. Ad ogni braccio della croce era appeso un filo a piombo, perpendiculum, all'estremità del quale era sistemato un contrappeso in bronzo, detto pondus. I pondera erano uguali a coppie contrapposte: due erano a forma di cono, due a forma di collo d'oca.

Il funzionamento della groma si basava sul principio della mira ortogonale, per tracciare sul terreno linee dritte perpendicolari tra di loro. Per fare questo si doveva, dopo aver infisso nel terreno il ferramentum, ruotare il braccio di sostegno fino a che l'asse della croce si trovava su un punto predeterminato, che poteva essere un cippo o una palina. Occorreva quindi traguardare utilizzando la linea immaginaria passante per la coppia dei pondera, per poi piantare nel terreno una serie di paline, lungo la linea immaginaria, a distanza regolare (di regola questa misurava un actus, ovvero 35, 484 m); infine, a partire da questa linea, se ne tracciavano altre ortogonali agli intervalli desiderati.

Una volta tracciati i limites, gli abitanti dell'agro centuriato continuarono ad usarli come strade d'accesso ai campi e di comunicazione fra una zona e l'altra, fino a che non intervennero ragioni particolari che ne impedirono l'utilizzo come strade.

La centuriazione non si è conservata solamente dove agenti naturali, come inondazioni eccezionali, o l'opera dell'uomo, come l'impianto di nuove coltivazioni, sono intervenuti a sconvolgere l'assetto delle campagne. Tracce importanti della centuriazione sono presenti in tutt'Italia, in particolar modo in Emilia Romagna, in Francia, Spagna, Dalmazia ed Africa.

Per quanto riguarda il Piemonte romano, le tracce più notevoli appartengono proprio alla pertica eporediese dove gli agrimensori poterono dare dimostrazione della loro capacità e tecnica; dovettero infatti superare corsi d'acqua e colline, interrompendo di continuo le rette per poi riprenderle senza errori dopo ogni ostacolo. Le tracce della centuriazione, chiaramente visibili su una carta al 25.000 dell'Istituto Geografico Militare oppure dalla carte aerofotogrammetriche del territorio, sono osservabili in tutti i tratti pianeggianti dell'ager eporediese e sono costituite da spezzoni di strade e carrarecce, da fossi, da confini comunali, provinciali ed ecclesiastici.

Tutta la centuriazione eporediese risulta orientata di 4 gradi in senso antiorario rispetto al meridiano, non seguendo quindi l'orientamento astronomico ideale. L'anomalia è probabilmente dovuta al fatto che gli agrimensori dovettero lavorare su un terreno molto irregolare.

Questi i confini della pertica eporediese: il fiume Po nel tratto compreso tra le confluenze della Dora Baltea e dell'Orco; l'Orco, fino all'altezza di Cuorgnè; il crinale che separa la Val Grande di Lanzo dalla Valle di Locana; l'attuale confine di stato fra Italia e Francia, lungo il crinale alpino; lo spartiacque fra Valle d'Aosta e Piemonte, dal Gran Paradiso fino al fondovalle presso Pont Saint Martin; da questo punto, ossia dal torrente Lys, il confine doveva salire fin sulla cima del Mombarone, per discendere poi verso il Biellese, seguendo il corso della Viona; quindi il crinale della Serra d'Ivrea fin presso il Monte Orsetto, e poi la linea delle colline moreniche contornanti il Lago di Viverone fino alla Dora; infine la stessa Dora, fino al Po. La pertica eporediese confinava quindi a Sud e Sud-Ovest con quella taurinense, ad Ovest con la Gallia, a Nord con il territorio di Augusta Praetoria e ad Est con quello di Vercellae.

Copyright Elisa Brunero 2007
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